Illustrazione lavorare per obiettivi

Indice

Lavorare per tasks

Il micromanagement

“L’orario di lavoro”: da elemento di controllo a sinonimo di autonomia

Lavorare per obiettivi: significato

Definire l’obiettivo

“L’accordo di tempo”

Obiettivo: alla prossima puntata

Cosa vuol dire “lavorare per obiettivi”? E’ davvero necessario o è una delle opzioni che abbiamo?

Nel primo articolo sul tema, ti proponiamo le nostre riflessioni come spunto per rispondere alle due domande iniziali.
Vediamo insieme, quindi, come si è arrivati al “lavorare per obiettivi” e le differenze con il “lavorare per tasks”. Approfondiamo il concetto di tempo, un punto chiave dell’analisi delle due modalità di impostazione del lavoro. Infine, proviamo a definire cosa è un obiettivo e come deve essere concordato.

Non si può parlare di “lavoro per obiettivi” senza prima chiarire cosa “non è”. Dunque senza prima aver spiegato cosa indica il “lavoro per tasks”.

Lavorare per tasks

“Lavorare per tasks” si manifesta quando ad una persona vengono assegnati compiti (tasks, appunto) da realizzare in una certa sequenza, senza necessariamente avere il controllo della situazione e senza sapere il “perché”.
Cosa implica? Semplicemente, l’azione di “realizzare cose”. Spesso, infatti, c’è qualcun altro che detiene l’ownership dell’attività e ha il compito di conservare l’integrità del lavoro, assegnando le varie attività a una o più persone in modo coordinato per raggiungere l’obiettivo prefissato. Questa persona e solo lei ha la responsabilità di tutto.

Il lavoro per tasks ha dominato tutto il ‘900 e affonda le sue radici nelle idee tayloristiche dell’epoca (di cui abbiamo parlato anche in questo articolo dedicato al Project Management). Tali teorie, semplificando, presuppongono l’esistenza di una divisione all’interno dell’azienda tra persone che pensano e persone che agiscono, tra menti e mani: le prime scaricano verso il basso le attività a chi poi “fa”.
Ad oggi e nelle organizzazioni più complesse esiste una gerarchia, che ha il compito di far transitare le decisioni, prese in alto, verso gli operativi, in basso. Esistono, quindi, uno o più strati di management tra chi prende le decisioni e chi le attua, svolgendo anche compiti di controllo affinché le persone operative non prendano iniziative disallineate.

Il micromanagement

Si parla di micromanagement quando un ristretto gruppo di persone assume tutte le decisioni e si aspetta che l’intera azienda le esegua. Senza entrare nell’analisi delle conseguenze dell’applicazione del micromanagement che ci porterebbe lontano, vediamo in quale contesto ha avuto la valida applicazione e quando è diventato un problema.

Nell’industria del ‘800-‘900 questo tipo di approccio era efficiente e trovava una sua giustificazione nel fatto che masse di operai dovevano realizzare prodotti in quantità senza particolari contributi personali. Il “problema” è che queste pratiche si sono estese e sono state mutuate anche nelle aziende che basano il loro business sul knowledge work.
Prendiamo ad esempio la produzione di software che è diventata “industriale” a partire dagli anni ‘70, quando si sono realizzati i primi grandi prodotti. In questo settore sono state adottate le medesime pratiche consuete nel mondo industriale: la gestione dei progetti, l’organizzazione del lavoro, le pratiche di management, etc sono state copiate proprio da quel mondo.

“L’orario di lavoro”: da elemento di controllo a sinonimo di autonomia

Un altro elemento chiave del lavoro per tasks è lo sfruttamento del tempo. Nella produzione dei beni fisici è necessario che l’orario di lavoro sia rigido altrimenti la produzione si ferma. Da qui l’impostazione di turni rigorosi, scanditi da pause, che permettano di mantenere sempre attivo il processo produttivo. La conseguenza è che ci sia un ferreo “controllo” del rispetto degli orari di lavoro.

Ma ha senso mantenere un orario di lavoro rigido, quando la continuità di lavoro non è più così necessaria?

 

Illustrazione lavorare per obiettivi

Lavorare per obiettivi: significato

Dove viene richiesto un contributo personale di carattere concettuale, imporre un rigoroso orario di lavoro può essere addirittura deleterio.
Può condurre, infatti, ad un irrigidimento della concezione di tempo e, conseguentemente, allo svilimento del contributo unico e individuale che una persona può dare al lavoro svolto: non viene riconosciuto il risultato raggiunto, ma solo la quantità di tempo che si dedica a quel compito.
Nel knowledge work si parla quindi di “lavoro per obiettivi” proprio perché l’attività non è facilmente imbrigliabile in una stima affidabile di tempo per svolgerla.

Nel lavoro per obiettivi, il compito della persona viene definito in base al suo outcome, cioè il valore generato, e non più all’output, al deliverable in sé, cioè l’artefatto che ne risulta.
L’output resta importante, ma il focus viene spostato sul valore generato, sul vantaggio per l’utilizzatore, al punto che ciò che viene realizzato potrebbe essere diverso da ciò che avevamo ipotizzato inizialmente, perché facendolo abbiamo scoperto che il valore era da un’altra parte.

L’orario di lavoro è un esempio che evidenzia come il cambio di paradigma abbia effetti su diversi elementi del modo di intendere il lavoro.
Il concetto di tempo subentra anche nel lavoro per obiettivi: una persona autonoma deve essere tale anche nella gestione del proprio tempo.

Definire l’obiettivo

Il lavoro per obiettivi comincia a diffondersi a partire dalla seconda metà del ‘900.
Vi è un’importante differenza tra il lavoro manuale e “di concetto”. Non si ordina più alle persone di “fare questo” tramite un’azione standardizzata; bensì, viene affidata loro la responsabilità – tema che approfondiremo nella seconda parte dell’articolo – di raggiungere un determinato obiettivo.

L’obiettivo finale è condiviso tra tutti gli individui coinvolti e viene riposta fiducia nei confronti di chi sa come raggiungerlo. Inizia a diffondersi l’idea di un lavoro fatto di:

  • individuazione dell’obiettivo
  • definizione dei parametri di successo
  • visualizzazione del progresso
  • autonomia di lavoro individuale.

Si delinea insieme dove si desidera arrivare per poi lavorare ognuno in autonomia per il raggiungimento dell’obiettivo comunemente scelto.

“L’accordo di tempo”

Lavorare per obiettivi può essere molto vantaggioso per le aziende; al tempo stesso, è necessaria chiarezza e trasparenza attraverso un accordo iniziale tra le parti che comprenda anche una stima del tempo necessario per il suo raggiungimento. L’uso del tempo deve essere monitorato di continuo per evitare che eventuali problemi inaspettati si scarichino sull’una o sull’altra parte, su chi chiede di raggiungere l’obiettivo oppure su chi deve perseguirlo.

In particolare nel caso di un obiettivo a lungo termine, sarebbe opportuno concordare anche dei momenti di verifica: incontri a cadenza fissa per monitorare che l’andamento del processo rispetti l’outcome desiderato, nonché per assicurarsi il benessere delle persone coinvolte e che queste abbiano tutte le informazioni necessarie allo svolgimento del proprio compito.

Dunque, si può riconoscere un po’ di agilità in questo. Chiarezza dell’obiettivo, condivisione delle tempistiche e delle difficoltà e incontri di verifica cadenzati determinano il successo di tale modo di lavorare.

Obiettivo: alla prossima puntata

In questo primo articolo dedicato a questo tema, abbiamo visto le caratteristiche e le differenze tra lavorare per obiettivi e lavorare per tasks, approfondendo anche il concetto di tempo, di micromanagement e di cosa serve per definire un obiettivo condiviso: responsabilità, condivisione e chiarezza. Un accordo tra le parti e i momenti di verifica sono strumenti necessari per il raggiungimento dell’obiettivo.

Nella seconda parte dell’articolo, che pubblicheremo nelle prossime settimane, tratteremo del lato human del lavorare per obiettivi, con un focus sulla responsabilità e l’autonomia. Ma non solo. Approfondiremo i concetti di delega e ci chiederemo come è possibile lavorare per obiettivi in team e in grandi aziende, con un accenno alla metodologia OKR, argomento del nostro corso formativo “Lavorare per obiettivi: OKR”.
Solo dopo aver preso in considerazione tutti questi aspetti potremo finalmente rispondere alla domanda iniziale “Lavorare per obiettivi è necessario o è una delle opzioni che abbiamo?”

Illustrazione lavorare per obiettivi 1

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